Chroming Rose . Louis XIV (EMI Electrola, 1990)


Protagonisti di quella che potremmo definire  come una vera e propria involuzione artistica che li ha condotti, nella seconda parte della loro carriera, ad abbracciare stilemi sonori vicini al rock alternativo, i bavaresi Chroming Rose, almeno all'inizio della loro turbolente carriera discografica, avevano tutti i numeri per potersi candidare come principali eredi al trono vacante lasciato dai maestri Helloween, anche perchè la loro proposta musicale ben si sposava con le atmosfere ludiche e sfarzose del periodo “Keepers” ridisegnando, a tratti, quell'ipotetico filo d'Arianna fra lo speed metal di estrazione melodica, ed il power metal più coriaceo ed istintivo.
Formati attorno ad un manipolo di vecchie conoscenze della scena underground teutonica come l'affiatata sezione ritmica composta dal bassista  Harry "Bex" Steiner, e dal batterista Tino "Tane" Mende, entrambi ex-Overdose, ai quali si affiancava il vocalist Gerd Salewski, già in forza ai Stranger del piccolo gioiello “The Stanger”, i Chroming Rose di “Luis XV” dicevamo, si rendevano artefici di un classic metal dal forte impatto, corroborato da  un ottimo guitar riffing, avvincenti linee vocali , refrain, ai quali faceva da contraltare la produzione magistralmente dal danese Tommy Hansen, autentico deus ex machina del periodo aureo delle zucche, che innalzava, dove possibile, le quotazioni del combo in questione.
Brani accattivanti come l'incedere anthemico della title track, il melodic power metal scintillante di “Power and Gory”, l'incalzante “God of Noise” con le sue chitarre abrasive, lo speed metal ridondante di cui è intrisa la deleteria “Pharao”, o il metallo tuonante di “Shoot the fox”, sono solo alcuni degli episodi più riusciti di un album che, per quel che ci riguarda, non teme paragoni con i classici del genere.
I successivi “Garden of Eden” e “Pressure” offriranno ancora uno spaccato di grande classe e duttilità musicale, la stessa che verrà meno sul controverso “New world” che condurrà i nostri verso l'oblio.  
(Beppe Diana)
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