Attack - Seven years in the past (Iceland Records, 1991)


Sicuramente fra le migliori formazioni del vecchio continente legate ad una concezione tendenzialmente di natura epica, una delle poche a poter competere sullo stesso piano con le compagini americane più rinomate.
Una band da culto, anche perchè, nonostante nei primi anni della loro carriera le uscite ufficiali siano state cospicue, il loro grado di popolarità non è andato mai oltre i margini underground, rimanendo relegata ad una posizione troppo marginale da autentici sparring partner.
Edito nell’anno di grazia 1992 dalla Iceland records, label di proprietà della stesso leader della band, “Seven years in the past” è il quarto sigillo ufficiale per la storica formazione teutonica, quello che poteva ritenersi della svolta, senz’altro quello della definitiva consacrazione/maturazione di un percorso iniziato una decina di anni prima, nel quale l’ego dell’estroso musicista di origine olandese, riesce a mettere a fuoco le sue innumerevoli velleità strumentali, rendendosi artefice di una prova da vero stacanovista, arrivando a produrre non solo l’intero album, ma ritagliandosi le parti di batteria, basso, flauto, chitarra acustica e, naturalmente, voce, lasciando alla coppia di asce formata da Peter Oko e Jens Petersen le parti di chitarra elettrica.
Il risultato finale è un album maturo, personale e variopinto, caratterizzato da un’intensità magnetica che trasporta letteralmente l’ascoltatore “in un altro quando”, con un suono che risulta il perfetto coacervo di stili che si trovano a metà strada fra le dilatazioni atmosfere epiche di partenza, power/speed metal come nella migliore delle tradizioni teutoniche, e chiari riferimenti progressive rock.
Non un filler, ne una caduta di tono, ogni singola nota, ogni passaggio, è bilanciato alla perfezione per convivere in perfetta simbiosi, e dare vita ad un intensa ed onirica trasposizione bellica, che ci conduce all’interno di un ipotetico campo di battaglia, all’interno del quale riecheggia sprezzante il valore di una compagine pronta a tutto pur di rendere leggendario un album, avvalorato dall’epos di autentici inni generazionali come la stessa title track, “On the run”, l’emozionante “Hades of Steel” o del capolavoro “In the gloom”.
“The secret place” di tre anni più tardi, avrà l’onore/onere di addentrarsi ancora di più lungo un versante caratteriale ben più personale, dopo di che poco o nulla nel destino di una band che poteva/doveva essere ben più di una semplice comparsa…..
(Beppe Diana)
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